Sono un numero. Sono una persona. Sono una di quelle persone nelle statistiche.
Questa è la vera storia di quello che mi è successo nel primo lockdown.
Sono un numero. Sono una persona. Sono una di quelle persone nelle statistiche.
Questa è la vera storia di quello che mi è successo nel primo lockdown.
Un paio di settimane fa una persona molto intelligente e che stimo molto mi ha chiesto: “Ma sei sicura che la scrittura sia una passione e non solo uno sfizio?” La domanda nasceva dal fatto che, a parte i post di questo blog, la mia produzione letteraria in questi mesi è stata davvero scarsa e caotica.
Il mio primo istinto sarebbe stato risponderle: “Ma come si permette? Lei non sa…” E infatti, lei non sapeva. Cioè, conosceva i fatti e le avevo descritto le sensazioni ma lei non sapeva. Semplicemente perché lei non è me e ognuno vive le cose a modo suo.
E poi ho pensato: “E se avesse ragione?” Di certo non avrei usato la parola “sfizio” (sembra che si parli di un dolce a fine pasto) ma il dubbio mi ha sfiorato il cervello. Non ho risposto niente e chi mi conosce sa che io rispondo, sempre.
E scommetto che è capitato o capiterà anche a voi. Dire di voler fare lo scrittore è un po’ come annunciare di partire per trovare il Santo Graal; magari ci credono anche che vai per il mondo ma di sicuro non pensano che lo troverai! E, vista la situazione italiana, non hanno così torto.
E da quella domanda in poi, giorni di agonia. Forse sono un bluff? Grandi idee per una persona che si sente piccola e vuole essere speciale? Ammetto che in questo periodo, non riesco a rispondere a nessuna domanda su me stessa, anzi sono in grado di mettere punti di domanda anche dove non erano previsti. Lo sapete, sono sincera con voi.
Cari scrittori, a volte siamo noi i peggiori nemici di noi stessi. Visto come viene svalutato il nostro lavoro, un po’ la capisco ma se non crediamo in noi stessi, nessun altro ci crederà.
Ci basta così poco per mettere tutto in discussione. Una frase, un articolo, un ex compagno di classe che vende 40.000 copie del suo libro in un anno. Difficile tenere salda la propria fede. E’ normale dubitare.
Sapete come ho risolto il dilemma interiore? Scrivendo. E ho pensato: ma cosa ne parliamo a fare? Qual era il dubbio? Se risolvo le cose scrivendo, il problema non si pone neanche; scrivere per me non è solo “uno sfizio”. E quell’agonia seguita alla domanda è frutto del fatto che stavo mettendo un dubbio il muro portante della mia identità.
Vi rivelo che avrei sempre voluto fare qualcosa per il mondo, come essere la prima donna italiana sulla Luna, aprire un orfanotrofio in India o trovare una cura per il cancro. Ho una profonda ammirazione per il team di italiane che ha isolato il coronavirus. Ma io so solo scrivere, quindi l’unico contributo che posso dare al mondo è raccontare storie. Io sono una cantastorie e non permetto a nessuno di metterlo in discussione.
Era questa la risposta che dovevo darle e dovremmo ripeterlo anche a noi stessi, perché non c’è qualcuno che viene in giro con noi tutto il tempo ricordandoci che senza scrivere non possiamo vivere. Possiamo farlo solo noi.
Quindi, che aspettate? Andate a scrivere! Ad maiora!