Vi posso assicurare che ci saranno giorni brutti. Molto brutti. Ci sono, nella vita di tutti. Ma per voi, cari colleghi scrittori, saranno ancora peggio. E non perché abbiamo l’oligopolio delle emozioni ma perché abbiamo una dannata ostinazione a cercare di capire. Dobbiamo meticolosamente passare al vaglio ciò che proviamo, capirne le ragioni e ovviamente chiederci fino all’ossessione se sia giusto che stia capitando a noi.
Ma, come mi disse una mia insegnante alle superiori, alcune cose sono così e basta e vanno accettate. Perché c’è un momento in cui ti crolla tutto addosso e ti sembra che possa solo peggiorare. E questo è il momento in cui dovete scrivere.
Non dico che uno scrittore felice non possa scrivere qualcosa di buono ma uno scrittore a cui le cose non vanno bene, scrive “grandi cose”. Accetto la diatriba che potrebbe scatenare questa affermazione. Ma i grandi scrittori del passato ci hanno lasciato una grande lezione: nella sofferenza c’è creatività.
Per vari motivi, questa è la situazione in cui mi trovo ora. Per cui, eccola qua la scintilla creativa. E’ora di ricominciare a scrivere. Solo che ora devo trovare il modo d’incanalare queste sensazioni in una storia, perché voglio scrivere un altro libro, non un altro diario.
Per fare questo, ho tentato di rientrare in contatto con persone che scrivono e ho notato una cosa che mi ha lasciato perplessa: c’è una tendenza generale a sottolineare l’importanza delle emozioni nei corsi di scrittura. Così nascono incontri interdisciplinari tra il coaching e la scrittura creativa. E mi chiedo: ma tutta la scrittura non è un confrontarsi con le proprie emozioni? Non esiste una scrittura di qualità (o che prova a esserlo) senza questo processo.
Quando ho scritto il primo capitolo di “Un momento di chiarezza”, non sapevo che fosse l’inizio di qualcosa. Mi sono svegliata una domenica mattina più stanca di come ero andata a letto; soffrivo per amore, per il lavoro, per la prospettiva che non sarei mai riuscita a finire uno dei miei tremila romanzi incompiuti. Volevo creare un alter ego a cui andasse tutto male ma che fosse talmente indurita dalla vita da sbattersene di tutto. La nascita di Daisy è imputabile al mio egoistico desiderio di scaricarle addosso parte (se non tutta, non mi offendevo!) della mia sofferenza.
Io non avevo fatto nessun percorso per capirmi meglio, per esprimere e accettare le mie emozioni ecc… Ho scritto e, visto il mio stato d’animo dei tempi, il primo capitolo non si poteva svolgere durante il carnevale di Rio de Janiero.
Però io avevo l’ironia, il sarcasmo. Beato sarcasmo che tutto protegge e rende ridicolo! Vedere il lato comico di quello che scrivevo me lo faceva vedere anche nella vita reale. Ed è così che la scrittura mi ha salvato (quella volta ma non è stata l’unica).
Il mio consiglio è: se vedete la luce davanti al tunnel andatele incontro, forse è l’inizio di qualcosa, forse no. Non chiedetevelo adesso. Dopo sarà programmazione e revisione e tutto quello di cui abbiamo parlato in questo manuale. Ma la scintilla, lasciamola libera e vediamo dove ci porta.