Non c’è due senza tre e, se avete contato bene, manca solo lui all’appello: il self publishing. E’ tanto discusso, amato e odiato che, qualunque cosa dirò andrò contro qualcuno ma fa parte dell’essere sinceri. Partiamo dal presupposto che è un metodo relativamente “nuovo” per pubblicare e come tale può e continua a migliorare.
E, sinceramente, io non mi sento né di raccomandarvelo né di sconsigliarvelo a prescindere.
Se siete dei lettori fedeli, vi ricorderete che, all’inizio di questa fantastica guida intergalattica per scrittori emergenti, vi ho detto che uno scrittore deve prendere tante decisioni; non mi riferivo solo alla trama, alla copertina o alle cose da tagliare in fase di revisione. Significa anche decidere cosa fare del tuo libro una volta che è bello finito e impacchettato.
Per cui vi elencherò le ragioni per cui ho scelto di non autopubblicarmi:
era il mio primo romanzo, avevo un po’ paura di toppare, volevo avere delle opinioni da un professionista, un editor insomma;
tu sei Nessuno. Esatto, non ve la prendete. Un esordiente con il suo primo libro in mano è il Sig. Nessuno in persona. Quindi io, Sig. Nessuno, pubblico un libro, passato solo dal mio giudizio (e credetemi, c’è tanta gente che non sa scrivere che pensa di saperlo fare), nel mare magnum di Internet… sono praticamente una barchetta alla deriva. La quantità di fattore C che ti serve per essere trovato da un numero di lettori decente tra le milioni di autopubblicazioni che circolano, dovrebbe moltiplicarsi in maniera esponenziale! Essere trovati è praticamente impossibile senza qualcuno che punti il dito sul tuo libro. E questo ve lo confermo, perché negli ultimi mesi, sto scrivendo su una famosa piattaforma sotto pseudonimo e, ragazzi, non mi si fila nessuno. Per fortuna io lo stavo facendo un po’ per gioco, un po’ per provocazione. Vi dico solo che ragazzini che non sanno usare il verbo avere, su questa piattaforma scoppiano di follower. E la qualità? Traetene voi le conclusioni. Vi dico solo che, in questa quarantena, ho letto molti più post sui social di quanti avrei dovuto e mi sono profondamente avvilita. Neanche le basi dell’italiano…
volevo essere “scelta”. Vanità? Egocentrismo? Sì, probabile! Ma anche quel dubbio che penso serpeggi in tutte le menti umili: “e se avessi scritto una cagata pazzesca”?
“Un momento di chiarezza” è una storia particolare, non sapevo quanto le persone l’avrebbero ben accolta. La trama di fondo è, di fatto, banale. Devi leggerlo per scoprire le sue particolarità;
non volevo vendere il mio libro come una cassa di frutta;
ultimo ma non ultimissimo: le copertine dei libri autopubblicati sono veramente brutte! O hai la fortuna di avere un amico o un parente che bazzicano nel disegno o rischi di trovarti una copertina improponibile. E come abbiamo già detto, la copertina fa.
Questa è stata la mia scelta, quello che credevo essere meglio per il mio libro. Ora voi dovete fare quello che è meglio per il vostro. E non flagellatevi se le cose non vanno come avevate previsto.
Sappiate che, di fatto, l’autopubblicazione è una scommessa su voi stessi, come scrittori ma anche come “venditori”del proprio libro. Quindi, se decidete per questa opzione, preparatevi ad accontentarvi di una piccola fetta di pubblico, composta di amici e parenti o siate sfacciati.
Quando il vostro libro sarà pronto, lo saprete. Non posso dirvi altro perché, in realtà, nessuno sa quale sia la cottura giusta. Come la pasta, dovete assaggiarla. E con assaggiarla, intendo rileggerlo (ad alta voce sarebbe meglio) un’ultima volta dopo i cambiamenti, le revisioni e la ricerca per stanare ogni refuso.
“Ok, ora il libro è pronto, quello che ho scritto mi piace tanto o abbastanza (dipende da quanto siete critici con voi stessi) ma ora? A chi lo mando?”
Vi state ponendo la proverbiale domanda da un milione di dollari (metaforici eh… che con la scrittura non li vedrete mai tutti quei soldi!) ed è il giusto quesito da porsi.
Innanzitutto, decidete se volete far leggere la vostra opera prima ad un parente o a un amico o un ristretto gruppo di persone. Io non l’ho fatto, pensavo che avrebbe influenzato il mio modo di vedere la storia e mi avrebbe messo dei dubbi. La scelta è vostra, fate come vi sentite meglio…
Ora arriva la parte più tecnica perché, fino ad adesso, vi siete confrontati con il vostro mondo interiore per scrivere e ora dovrete necessariamente approcciarvi a un mondo ben più spaventoso: quello dell’editoria.
Punto primo: iniziate a fare una lista di casa editrici con cui vi piacerebbe pubblicare, poi scrematelo per bene. La prima cosa è il genere; inutile dirvelo ma è abbastanza assurdo inviare un romanzo rosa a chi pubblica solo gialli (ad esempio). Ma so che succede, quindi fate attenzione a questa cosa.
Punto due: cercate di capire di più sulle case editrici alle quali vi state proponendo. Mi è capitato che, con l’invio del manoscritto, mi venisse richiesta qualche riga per spiegare perché avessi scelto proprio loro. E le frasi fatte… da uno che si propone come scrittore… beh avete capito!
Io avevo già una buona conoscenza del panorama editoriale italiano; ho frequentato fiere, eventi, presentazioni. In passato ho scritto anche degli articoli in merito. Ho frequentato un corso di scrittura e uno di editoria. In più, avevo il naturale interesse verso quel mondo dato dalle mie letture personali.
Punto secondo: forse voi siete fiduciosi nel mondo e ottimisti o disinteressati alla questione ma io non ero così, quindi mi sono posta il problema. E se qualcuno copiasse tutto o parte del mio romanzo? Ho cominciato a informarmi sui blog di scrittori emergenti e ho scoperto di non essere l’unica. Alcuni penseranno: forse te la sei menata troppo. Sì, forse sì. Ma io volevo essere tranquilla. Così, ho chiesto consulenze a chi conoscevo (e anche a chi non conoscevo) sulla tutela del diritto d’autore. Non ho avuto risposte che mi convincevano, quindi mi sono letta tutto lo scibile umano sull’argomento e, alla fine, ho optato per un deposito (senza registrazione del diritto d’autore) presso la SIAE. Se avete bisogno di sapere cos’è scrivetemi a: info@nonprendeteappunti.it.
Punto terzo: l’invio. Eccitazione al massimo! Vi direi di diminuirla ma eccitazione uguale entusiasmo ed è una buona cosa. Spulciate con pazienza tutto quello che la casa editrice vuole le sia inviato e come. Alcune vogliono il cartaceo, altre la mail. Alcune vogliono un estratto, altre l’intero manoscritto. Dopodiché, spedite e sedetevi.
Non vi voglio illudere, la maggior parte se non tutte le case editrici a cui spedirete il vostro libro non vi risponderà o lo rifiuterà. Mi dispiace ma il mondo dell’editoria italiana è così: arrivano veramente tanti inediti che potrebbero rivelarsi un best seller o un fiasco totale. Nel dubbio, molti non vengono neanche aperti.
Qui comincia l’attesa di cui parlo nel titolo, che non deve essere sterile ma sarà lunga. Potete scrivere un altro libro o qualcos’altro, potete rivedere quello che avete scritto e potete continuare a fare la vostra vita. Non fateci ruotare tutto intorno, non contate i giorni. Io, all’inizio, l’ho fatto e vi posso assicurare che non è la via giusta.
E ricordatevi che avete la fortuna di vivere in un’epoca dove, in qualche modo, si può sempre fare. Autopubblicarvi, pubblicizzarvi o semplicemente far passare il vostro pensiero in un’altra forma (tipo, che ne so? Un blog?) O tutte e tre.
Non scoraggiatevi, avete fatto tanto. Mollare ora sarebbe un peccato.
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