Lo so, siete emozionati; siete passati attraverso il cerchio di fuoco e ne siete usciti con un romanzo a cui manca solo il finale. E come lo concludiamo? Vi state ponendo un’ottima domanda.
Molti lettori guardano l’ultima frase per decidere se acquistare un libro, io stessa leggo l’ultima parola (ebbene sì, sono umana anch’io!) Se state scrivendo il nuovo Harry Potter è ovvio che la storia si concluderà con l’epica battaglia tra bene e male con i draghi e gli incantesimi, insomma tutto il necessario per chiudere un fantasy. Come lettrice, vi consiglio, se state scrivendo un giallo/thriller, di mettere un finale spiazzante. E’ bello pensare che l’assassino sia X mentre in realtà è Y.
Questo per dire che, ovviamente, ogni genere richiede un certo tipo di finale. Quale sia quello perfetto non è dato saperlo. Ed è giusto così, a mio parere. Scrivere è come la vita, non ci sono le coordinate esatte per arrivare in un punto ma decisioni sulle strade da intraprendere. E questa vi spetta; è la vostra storia, i vostri personaggi. Solo voi potete sapere come va a finire.
Il mio consiglio è di chiedervi se il finale che avete scritto riflette il cambiamento o il non cambiamento che volevate nei personaggi. Il finale di un romanzo deve avere un senso per la storia; se non è quello che avevate pensato all’inizio non preoccupatevi. Può capitare. Io l’ho cambiato, sono sempre rimasta in linea con quello che volevo in mente per la mia protagonista ma non immaginavo quel finale nello specifico.
Detto questo, la mano è vostra; se volete lasciare tutti a bocca aperta con dei fuochi speciali tutti vostri, sparate. E vedete che succede.
Piccolo aneddoto: dovevo scrivere solo il finale ma ero un po’ bloccata. Ovviamente, nel mentre, cercavo un lavoro perché non vivo scrivendo manuali di scrittura, come potrete immaginare. Mentre mi proponevo come segretaria, centralinista, data entry… (insomma ho fatto molte cose), ho deciso di scrivere un curriculum “narrato” per convincere i reclutatori che “scrivere era il mio mestiere”. L’ho mandato a un po’ di gente nel settore, abbastanza certa che non avrebbe riposto nessuno.
Un pomeriggio squilla il cellulare e dall’altra parte c’è la segretaria di un grosso editore che mi comunica che il suo capo vuole vedermi per un colloquio. Salto dal letto, non sono sicura di aver capito bene. Io? Sì, proprio io. Nei giorni successivi, comincia una preparazione che neanche il Royal Wedding: capelli, mani, vestiti, scarpe ecc… dovevo essere perfetta.
Mi presento il giorno del colloquio; la receptionist mi dice che dovrò aspettare un po’ perché con l’altra candidata sta andando per le lunghe. Non è buon segno; eppure riesco (dopo un’ora e un quarto di attesa) ad accedere all’Olimpo, o almeno, quello che pensavo fosse l’Olimpo. Innanzitutto il caro signor X ha una spocchia che non si può permettere. Mi chiede sprezzante come mai salto “di palo in frasca”. Io trattengo il respiro sulla risposta che mi passa per la testa e opto per un più diplomatico “avevo bisogno di lavorare” (vero, oltretutto).
E poi mi lancio in un’appassionata lode per la scrittura. Lui mi blocca, mi dice che, in realtà, sta cercando una segretaria di direzione. Balbetto “ma nel curriculum c’era scritto che volevo scrivere…” Viene fuori che né lui né la sua solerte segretaria avevano letto il mio curriculum. Prima di congedarmi nel mio enorme sconforto, dice l’unica cosa sensata di quella sera. Mi guarda e afferma con decisione: “Comunque, se vuole scrivere è adesso o mai più.”
Era adesso. Lo capirò dopo quel colloquio, un pianto per strada e tanta, tanta delusione.
Torno a casa, scrivo il mio finale. Lo scrivo perché sapevo qual è, già da tanto realizzo. Lo scrivo perché voglio dare una conclusione ai miei personaggi. Lo scrivo per rivalsa, contro tutti quelli che non ci credevano, anche se alcuni non lo avrebbero mai saputo.
Ma non siate tristi per me, il vostro manuale non finisce qui e (spoiler) la mia storia finisce bene.