“Femmina come la terra
Femmina come la guerra
Femmina come la pace
Femmina come la croce
Femmina come la voce
Femmina come la sorte
Femmina come la morte
Femmina come la vita
Femmina come l’entrata
Femmina come l’uscita
Femmina come le carte”
Così cantava Ligabue ne “Il giorno dei giorni”, come a sottolineare che tutte le cose significative nella vita sono definite da sostantivi di genere femminile.
E ora passiamo all'”affaire Barbie”, che è quello per cui siamo qui riuniti e, soprattutto, cerchiamo di capire le ragioni di un successo a mio parere eccessivo ma anche comprensibile.
Ho visto il film e devo ammettere che mi ha spiazzato. In primis, mi aspettavo di più della regista Greta Gerwig, che ha più volte dimostrato di avere una visione originale e una mano esperta al comando.
La storia comincia nel meraviglioso mondo rosa di Barbieland, dove tutto procede felicemente sotto il governo “illuminato” del genere femminile e dove, una meravigliosa Margot Robbie, incarna perfettamente Barbie Stereotipo. Ma pink is not the new black e i problemi del “Mondo Reale” cominciano ad affiorare.
Nonostante la prima parte scorra molto piacevolmente, con dei contenuti importanti snocciolati con semplicità e attraverso divertenti metafore, il secondo tempo rovina tutto il lavoro precedente. Lasciando cadere il discorso della trama su cui sicuramente si poteva fare di meglio ma che, tuttavia, doveva essere solo lo scheletro di una materia più corposa e complessa, i dialoghi risultano scontati e anche poco divertenti. Lo stesso discorso di America Ferrara, che dovrebbe il punto cruciale di tutta la tematica donna/uomo, sembra un minestrone di concetti già espressi e anche meglio in altre opere.
E ora sto per scrivere qualcosa che mi sembra di aver colto solo io e che riesce a farmi scorgere quasi un messaggio antifemminista (certamente non voluto) in Barbie.
Nel mondo dove sono le Barbie (metafora del genere femminile) al potere, dove non sono solo astronaute, architetti, giudici, primari di medicina ma hanno davvero la possibilità di produrre un cambiamento di valore nella società, come trattano i Ken? Esattamente come nella società maschilista viene trattata la donna.
Le Barbie non combattono la discriminazione, ne creano una nuova verso il genere maschile. E qui è il punto debole e il fallimento della Barbiecrazia. Il sesso biologico prevale sull’essere persone, ognuna diversa da un’altra (tra l’altro, anche il sostantivo “persona” è di genere femminile).
E riprendo qualcosa che già andavo scrivendo (quindicenne prolificamente creativa) sui temi quando andavo a scuola, incompresa da chiunque tranne che dalla mia insegnate, che mi premiava con voti alti: le donne non devono comportarsi come gli uomini per avere pari diritti e doveri. Le donne devono avere il diritto di essere donne (e sì, gli uomini e le donne sono diversi, ammettiamolo!) nella società, senza nascondere nulla e senza forzarsi ad agire diversamente da come la pensano, per ottenere più credibilità. Questa sarà la vera vittoria quando accadrà.
E a cosa servono allora i Ken? Qual è la risposta alla domanda che si pongono nei primi dieci minuti di film e a cui non riescono ad approdare? E qui potrei aprire una pagina poco edificante sui “maschi” incontrati nel corso della mia vita ma non lo farò. Vi darò, invece, quella risposta che nel film s’intravede solo da lontano: i Ken servono come tutte le altre persone. Ce ne sarà qualcuno più utile di un altro, proprio come tra le donne. Siamo tutte persone e, nel bene o nel male, ognuno di noi si porta dietro un valore aggiunto.
In sintesi, cara Barbie, finché non sarai in grado d’integrare nel tuo Barbie World anche chi è diverso da te, sarai sempre “dentro la scatola”.
Un pò di considerazioni sparse:
Ve l’ho promesso ed eccolo.
C’è voluto un po’ per elaborare qualcosa che già sapevo; di solito, succede così.Sono andata a Torino per vedere la Murgia ma non è questo il punto; tutto quel Salone del Libro era su di lei, anche se lei non lo sapeva. Anche se tutti noi non lo sapevamo.
E perché? Tutti muoiono; la Morte è la cosa che più democratica che io conosca.
Muoiono i ricchi, i poveri, i belli, i brutti, i felici e gli infelici. Gli anziani e purtroppo, spesso, anche i bambini. E’ come te ne vai che fa la differenza.
E come se ne sta andando lei è tutto un programma (a prescindere dalla vostra opinione personale sulla sua persona), una nuova narrazione della Morte.
La Morte è la fine di un viaggio e credetemi, io ne so qualcosa.
E’ una sconfitta? Secondo lei no e non voglio romanticizzare l’idea della Morte; se mai avrete modo di leggere il mio nuovo libro, lo capirete.
O forse non lo leggerete mai e dovrete fidarvi di me, il Narratore inaffidabile.
Lei ha fatto tutto quello che voleva fare, ha detto tutto quello che voleva dire, ha provato a fare del Mondo un posto che riteneva bello.
Morire è davvero una sconfitta contro il cancro per lei? O forse è un finale, uno dei tanti possibili.
E ora che lo sa che la fine è vicina, certa, puoi dire e fare tutto ciò che vuole.
Non ci saranno più creditori che vengono a riscuotere un debito, non ci saranno più prove costume o bagni da pulire. E non ci saranno più cuori spezzati, amori da dimenticare.
Insieme al Bene, muore il Male, il Dolore, la Paura.
E la Morte assume un’altra forma. E’ solo una parte inevitabile della Vita.
E quando succederà come vorrete aver vissuto?
Io, per ovvi motivi letterari, ci ho pensato.
Se domani dovesse investirmi un tram, io me ne andrei in pace.
Ho vissuto… tanto. Ho viaggiato, ho riso, ho cantato, ho ballato, ho tentato, ho scritto. Ho visto qualcosa di mio pubblicato, vi ho letto rispondere a questa cosa.
Ho amato e ho sbagliato, tantissime volte, come credo tutti quelli che ci hanno provato. Non mi sono detta bugie, mai.
La Morte non è una resa, è il finale di tutto. Di tutti. Di tutte le cose conosciute.
Avrei voluto qualcosa di diverso? Qualcosa di più? Sì, tutti lo vorremmo ma la Vita non funziona così.
Seguendo quello che mi ha colpito di questa Morte annunciata della Murgia e da quello che vado predicando da una vita intera: la Morte è solo un pezzo, una data di scadenza.
Tutto quello che viene prima è il vostro percorso ed è quello… no, che frase da life coach! Non mi si addice e non la condivido.
Ma è vero che è la Vita, con tutte le cose che non sono riuscite, che non sono andate e con tutto il dolore, la cosa che conta di più.
Sapete che non sono religiosa, per cui per me esiste solo “in terra” e non “in cielo”.
Ed eccola qui, la rivoluzione che può fare chi scrive: cambiare la narrazione di una cosa vecchia come il Mondo.
Lo so che questo post sarà controverso ma poco me ne frega. Io sono scrittrice e il mio compito e scuotervi la vita dalle radici, altrimenti leggete le cose politicamente corrette e andate a dormire tranquilli.
E’ un scelta e io non la giudico.
Come scrivo nel mio nuovo libro: “Credo che tutte le persone che posseggono un minimo d’intelligenza si interroghino almeno su tre cose: la Morte, la Religione e L’ Amore”.
Spoiler: credo sia l’Amore quello più difficile di tutti da comprendere. E, forse, non si può.
Alla luce di questo, pensateci ora a cosa volete, anche alle stupidaggini che possono farvi contenti.
Io, ad esempio, mi sono comprata un paio di scarpe rosse con il tacco. Mi servivano? No. Mi hanno fatto stare per un po’? Sì.
Ed ecco fatto!
Era giugno.
Nel giro di dieci giorni, mi ritrovai senza lavoro e fidanzato. Stavo vivendo un bel momento che è finito di colpo, lasciandomi a terra.
Mi chiusi in casa per capire quale poteva essere la prossima mossa, se c’era “una prossima mossa” e mi sono lasciata andare.
Finché un giorno, mi alzai dal letto e pensai che avevo piagnucolato per due anni perché volevo scrivere un altro libro ma non avevo avuto il tempo che mi serviva per farlo bene.
E in quel momento, finalmente, ce l’avevo.
Era il momento di ricominciare a scrivere.
E questo è l’inizio di una grande storia 😉
“Si può imparare a scrivere? Come?”
Me lo avete chiesto e io ho provato a darvi la mia opinione. In questo video, come faccio sempre, ho attinto dalla mia esperienza, per fare una riflessione autentica e sincera sulla scrittura.
Per scrivere ci vuole comunque coraggio e tanta voglia di mettersi in gioco.